Il paese è di quelli del sud, identico a qualsiasi altro paese del sud anche nei suoi tentativi di essere diverso, quei manifesti semistrappati testimoni per l’intero anno successivo e per questo mai rimossi dagli indigeni che se ne guardano bene dal privare il paese di una così preziosa testimonianza di stagione ricca, lasciati dai vip sotto una certa cifra, pagati perché il paese si possa far bello per l’intera stagione a venire nei confronti del paese prima e di quello dopo, cantanti e sciogherl che passano come tutti l’estate nei paesi del sud tutti uguali, lasciando tracce di sé sui muri in modo che tu, arrivato tardi, possa dire “Accidenti, mi sono perso Serena” guardandole le tette bene in evidenza nella foto sopra la scritta “Domenica alla sagra dello stocco” seguito da “Però, quest’anno è venuta Serena! Questo si che è un paese diverso da quello prima e da quello dopo” per poi vedere il manifesto di Serena nel paese prima e poi in quello accanto e poi ancora in quello dopo e pure in quello superiore perché qui ogni paese ha il suo gemello superiore, i contadini e i bagnanti di una volta, Serena insieme a Mino Reitano, alla compagnia della Salsa direttamente da Cuba a Christian a Zarrillo e al venditore di zucchero filato e nocciole caramellate e torroni improponibili e ceci o calia, come si chiama qui, come tantissimi italiani qui ci passano le ferie solo che loro le passano ogni giorno in una piazza, che essendo una si chiama “la piazza” anzi, ‘ntaaa-piazza…’ndividimu ‘ntaaa-piazza passi paaaa piazza e il corso principale che essendo uno solo si chiama soltanto il corso, ‘ndi facimu ddddupassi sutta’o’curzu? Aund’uccattasti? U’ccattai’jassutta ‘o’ curzu, solo un’altra piazza poteva far concorrenza alla piazza, ma per non rischiare il disorientamento è sempre stata a’ piazzetta, così da non dover trovarle un nome per differenziarla e poi la terza, ancora più piccola, chiamata a’rotonda, perché è rotonda, hanno fantasia in questi paesi e voglia di usarla, si capiva stamattina, quando in spiaggia, io, la famiglia del negozio di canotti e maschere finalmente in vacanza e Rutelli, avevamo tempo modo e spazio per guardare con quale fantasia si smontava il paese per metterlo via per l’inverno iniziato improrogabilmente il primo settembre e pronto a finire il 1 di agosto, giorno in cui in questi paesi comincia la seconda stagione dell’anno, delle due che hanno, quella con e quella senza le famiglie che tornano giù a tirar fuori il motoscafo dal garage dello zio, se è ancora vivo, naturalmente, che in questi paesi a leggere i muri pare che su ottomila abitanti, tanti ne conta questo paese, almeno duemila muoiano ogni giorno e quando non muoiono si annunciano le celebrazioni di quelli morti un anno fa e poi cinque anni fa e poi dieci anni fa e via così, appuntamenti per gli anziani del paese che in queste occasioni si contano e si fanno le analisi per puntare sul prossimo, e i muri te lo dicono a ogni metro chi è morto e se hai pazienza di farti a piedi tutto il corso arrivi alla fine del paese, dove in bella vista si staglia nel blu del cielo il cartello principe, quello con il nome del paese che di alcune di quelle morti ti suggerisce anche la possibile causa e soprattutto la necessità di non star lì a chiedere che non è cosa, io e Rutelli oggi passeggiavamo soli soletti in questo paese deserto chiuso per ferie e io gli domandavo se sapeva dove si potesse comprare il giornale, che a me, anche quando in vacanza, piace leggere le uscite intelligenti dei politici che loro sanno e conoscono il territorio e la gente e la piazza e il corso, anzi u’curzu, e a’rotonda, ciao ma tu sei il nipote di rosa, ma come ti sei fatto grande quanti anni hai sei qui perché ancora non è iniziata la scuola signora quanti anni ha suo nipote ‘ndavi trintaquattru anni si’ccatau a casa, lavora sapiti, lavora ammmilano uuuuuuu chissiibbellu, m’u’ricordu quandu ‘ndavìa sett’anni focu comu ti facisti grandi la nonna cuce le tovaglie per quando torno a casa perché se avrò ospiti devo mettere i tovaglioli belli, e sono belli davvero, ridendo per l’emozione mi ha mostrato la stoffa comprata ancora da tagliare perché non sapeva la misura del tavolo ora la sa è centoquaranta per ottanta, un tavolo piccolo, mica come quelli qui, come quando avevamo sett’anni e si veniva tutti in vacanza ad agosto nella casa vecchia, quella che è ancora lì, tetto crollato, monumento di sei generazioni e qualche bombardamento americano, come quella volta che ci fu la battaglia navale davanti alle coste e tonnellate di pesci si riversarono sulla spiaggia ma nessuno nonostante la fame post bellica li mangiò perché si erano cibati dei corpi dei soldati e ogni anno me la racconta e quest’anno ancora no perché ci siamo visti solo oggi e voleva sapere della casa ed era più felice di me per quella cosa del ritornare nell’altra e rideva dalla contentezza perché anche lei lasciò una casa che non aveva finestre sul sole e lo sa perché si fa che il sole è luce e la luce sono fiori, domani spero me la riracconti la storia della battaglia navale, che io sono un tradizionalista, vacanze da nonna e mamma, il paese di quand’ero piccolino, io quattro abitanti e i manifesti di Serena Belle Tette di una festa che mi sono ormai perso, che voi non l’avete mica capito cosa voleva dire Rutelli, avete tutti pensato che stesse dando ricette al popolo e invece parlava con me, solo con me, che oggi in spiaggia eravamo in quattro su sei chilometri di mare meraviglioso come solo lo jonio sa essere e io infatti gli ho dato ascolto e sono qui, a lavorare ma solo di notte, per poi mangiare e nuotare di giorno, senza nemmeno un turista, il deserto, manco un negozio aperto, dio che bello, un paese fantasma ma con il caldo di luglio, il mare di agosto e il cibo del sud.
Dove sono e con chi sarà argomento del prossimo post.
Perché mia madre è un’alchimista.
E, lo so non ci crederete, per una volta non sto parlando di me.
Ora è tardi, ho finito di lavorare ed è ora di andare in bed, che tra tre ore c’è la sveglia col breakfast e poi spiaggia, de beach, sutt’aviamarina.
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