7 gennaio 2014

Father and sono

Non ho resistito e gli ho lasciato un biglietto incastrato nella portiera.
Cosa gli abbia scritto non conta se non si è lui, se non si è me.
Avrei voluto aspettare nascosto l'arrivo, per esser certo che nessuno lo togliesse e per vedere come avrebbe reagito alla lettura.
Poi ho pensato che no, che non mi avrebbe fatto star bene vedere un padre piangere e me ne sono andato così che non vedesse che sono più grande di suo figlio, che ho un viso diverso da suo figlio, che ho una voce diversa da quella di suo figlio e non vedesse quindi che chiunque può essere suo figlio.
Che noi non possiamo sapere quanto gli mancavamo, certo, ma non meno di quanto loro non possono sapere quanto mancavano a noi.
Nel punto in cui si sovrappongono quelle due inconsapevolezze, avviene l'istante di violenza che decide la direzione della vita intera.
Cosa gli abbia scritto conta anche se non sono suo figlio, anche se non era mio padre e per questo resta una cosa tra me e lui, tra un qualsiasi padre e un qualsiasi figlio che oggi si sono parlati per dirsi grazie per una cosa qualsiasi.
Mi sono firmato "Un figlionegato".
Uno dei tanti, sempre uno di troppo.




3 commenti:

  1. L'ultima riga é uno slogan, anzi, un mantra, una preghiera. Da ascoltare per evitare l'errore, lo strappo, quello prossimo e quello dopo ancora.

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    1. L'ultima riga avrebbe potuto essere la firma del biglietto e forse addirittura l'unico testo, essendo la sintesi perfetta sia del mittente che del destinatario.
      Uno che gira con quella macchina lì non avrebbe avuto bisogno di leggere altro che non fosse "Uno dei tanti, A uno di troppo".

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  2. E viceversa. Applausi, Bruno.

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