14 gennaio 2014

Sugar lift

In hotel una compagnia di qualcosa di una qualche repubblica ex sovietica.
Non hanno diciotto anni, fossero atlete avrebbero quel tipico portamento elegante che fa assomigliare i corpi delle ragazze dell'est a camionisti appena usciti vincitori da un torneo di braccio di ferro e capelli corti per non impigliarsi nei tronchi di abete con i quali si allenano ad arrivare prime al traguardo o prime in Siberia, a discrezione loro, comunque una scelta che il partito concede.
Queste hanno capelli curati quindi sono ballerine, le riconosci perché invadono la hall dove c'è il wireless gratuito con il quale manderanno a casa le prove fotografiche del loro aver rimandato il confino anche questa volta, tutte vestite con la divisa che ogni ballerina di ogni paese del mondo indossa quando giù dal palco si avvia al letto da sola, sono tutte uguali le ballerine quando scendono dal palco da qualsiasi paese siano arrivate per salirci, indossano la cosa più comoda e orrenda che si possa trovare su qualche bancarella di buco di culo di tappa di tour solo per poter scrivere sulla bio che quando sono a casa si mettono anche loro in tuta, sai che sono ballerine perché da qualsiasi paese arrivino si muovono sempre come le api, divise in gruppi intorno alla principale che accoglie la loro invidia fingendo di riconoscerla a forma di quell'ammirazione con la quale le compagne la vestono, un tacito accordo, voi mi invidiate ma zitte, io vi compatisco ma zitta, siamo amiche, nonché allegoria.
Io mi guardo intorno, le conto e faccio quello che fa ogni viaggiatore all'arrivo in hotel in cui soggiornano gruppi: stimo il tempo che ci metterò ad avere un caffé a colazione, le ballerine a colazione mangiano sempre come non ci fosse un domani o come avessero deciso che non ci sarà un domani, o si infilano un tacchino intero in gola, o dividono in sei una mela.
Guardo Roberta la concierge, lei capisce e sorride, mi conosce, Buonasera Bruno, Buonasera Roberta, a che piano soggiornano? Al terzo perchè? Mi dia il quarto, non il terzo e non si azzardi il secondo. Hanno la sala per la colazione dei gruppi o me le trovo in fila domattina? Se le trova in fila. Allora mi metta la sveglia un'ora prima e preghi con me che rimanga qualcosa.
Firmo, pago, chiacchiero, faccio i miei soliti sei o sette pensieri sessuali su Roberta, prendo la borsa e mi avvio all'ascensore nello stesso istante in cui un gruppo di loro si stacca e si avvicina agli ascensori.
Premo io, premono loro, arriva prima il mio, loro parlano e ridono in qualche lingua sovietica, tette e culi che ancora rimbalzano dal pomeriggio stanno immobili all'arrivo dell'ascensore, si aprono le porte e attendono il turno perché è il mio, io come da educazione faccio loro cenno che glielo cedo, non si passa prima delle donne e donna è tutto ciò che non ha pisello, non conta l'età.
Loro continuano a parlare, ridono, entrano, una tiene la mano sulla cellula perché non si chiuda e fanno cenno altrettanto cortese di entrare.
Col cazzo.
Senza sconfinare nel famoso trauma d'ascensore che impedisce a qualsiasi uomo dotato di senno di entrare a cuor leggero in un ascensore con una donna figurati con sei minorenni seminude e accese di divertimento, comunico con lo sguardo e le mani che attendo il prossimo, possono andare, I go higher, dico.
L'ape regina mi guarda, sorride, si infila una mano nella tasca della tuta scatenando dai sei ai sette film nella mia mente, che sommati ai sei su Roberta fanno il programma di un cinefestival di bassissima moralità, circa cosa farà con quella mano prima che si chiudano le porte, lei tira fuori la chiave della stanza, mi mostra il numero, I go here mi risponde, le api operaie ridono, la porta si chiude.
Non aveva diciotto anni, mentre il mio ascensore mi porta higher penso a quanti uomini sarebbero entrati in quell'ascensore, quanti saranno entrati in ogni stanza in cui ha soggiornato quella ragazza e quanti ancora ci entreranno in ogni tappa di ogni tour che farà.
Mi sarebbe bastato mostrare la mia chiave con il numero, quella che ho tenuto in tasca ben ferma, quella che mi ha aperto la porta della stanza e che dietro di me si è chiusa per lasciarmi di nuovo un'altra notte da solo a pensare a te e a quanto continui ad apparirmi migliore di tutto ciò che vedo e incontro nel mondo ogni singolo giorno che lo percorro.

2 commenti:

  1. ascensore per il postribolo ...

    conosco quel famoso trauma che impedisce a qualsiasi donna dotata di seno di entrare a cuor leggero in un ascensore con un uomo ... etc. etc....

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    1. Mo non trovo i riferimenti, ma nel caso dell'uomo ha pure un nome 'sta cosa.

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