27 luglio 2014

è ancora come tu fossi una mattina da vestire

Tredici anni, mese più mese meno, non ho voglia di star lì a controllare per dare la dimensione esatta a un'esattezza che non serve a niente, fossero tredici e mezzo, boh forse quattordici, mi rendo conto che è inutile contarli se dopo tanto tempo è come fosse ieri e quindi anche fossi preciso, scoprissi che sono quattromiladuecentotrentasei giorni sarebbero comunque uno e allora tantovale non contarli nemmeno.
Li ho risolti pressoché tutti gli sbagli, le cadute, le sviste, i vuoti, le colpe, gli amori, con lenta e paziente costruzione sono riuscito a chiudere cerchi che manco erano tali quando ci inciampai, per sbadataggine o perché me li tirarono contro mentre correvo sperando di farmi cadere e sovente riuscendoci, e a costruire strumenti con i quali sono oggi in grado di riparare qualsiasi ingranaggio si blocchi e in due secondi farlo ripartire e con lui tutti quelli collegati.
Quanto sia grande il pezzo di me che morendo ti sei portato via è una cosa che invece sembra non avere soluzione, se dopo tredici anni il buco invece che stringersi si è allargato ogni singolo giorno, ogni singolo giorno di più e immagina cosa possa voler dire ogni giorno di più per tredici anni, sono tantissimi.
Quanto mi manchi è una lacerazione che non so dipingere.
In più di quarant'anni ho trovato il modo di raccontare qualsiasi cosa, per ogni giorno ho scritto un racconto perfetto, ogni storia ha trovato le parole giuste, la costruzione a misura, la foto a fuoco e questa invece no, questa è una delle poche cose o forse l'unica che non so esprimere, come le parole a oggi imparate in tanti anni non avessero il peso necessario, la forma, il suono.
Mi viene da dire che mi manchi tredici anni ma non è vero, mi manchi venti, trenta, cinquanta, dovessi dare una dimensione al buco di una vita insieme mancata l'unica dimensione che mi sembra a misura di questo buco è che mi manchi più di quelli che ho vissuto, più di quanto mi sia mancato io quando mi sono perso tutte le volte che mi sono perso messe insieme e sono tante, proprio tante, e lo stesso tu mi sei perso una in più.
Mi manchi così tanto che la foto del momento peggiore che mi hai fatto vivere mi sembra così bella.
Non l'hanno capito gli altri che è così che funziona il perdòno, che è per quello che lo chiamano grazia.