27 gennaio 2014

A Natale siamo tutti più

Il Natale come occasione annuale per andare a salutare l'unica Bozza sopravvissuta della triade paterna, la zia che ce l'ha fatta a vivere prescindendo dal cognome, il mio, il nostro, se è rimasto in vita il cognome che porto è in quella casa.
Fa la preside Zia A., nelle scuole come nella vita, una famiglia perfetta come una classe di un collegio, bellissima nella sua perfezione, figli a nastro che sfornano nipoti a nastro, ogni anno che mi siedo a tavola devo chiedere di chi sono i nuovi bambini intorno, ce n'è sempre almeno uno che compie tre anni, almeno uno che ne compie due, almeno uno che ne compie uno, c'è sempre almeno una donna in attesa a quella tavola, non fossimo parenti si direbbe una riunione rom, li sfornano alla velocità con la quale i bambini cambiano e memorizzarli è impresa da titani, tutti laureati e sistemati, da come si muovono sono laureati pure i nipoti appena nati, perfetti a tavola, bellissimi, le mogli dei cugini una più bella dell'altra, una più intelligente dell'altra, ci passeresti le ore a parlarci e non ne sbagliano una, sono serie ma non noiose, perfette ma non impeccabili, eleganti ma non imbalsamate, belle l'ho già detto ma lo sono al punto che vale la pena ripeterlo, i cugini sono lontani ma vicini quando serve, non entrano nell'intimo se non quando un angolo di intimo glielo permette, c'è il momento della poesia e sono convinto che i figli sfornino un nipote all'anno solo per garantire a quello dell'anno di prima che non sarà sempre lui a doversi alzare in piedi sulla sedia a recitare la poesia natalizia mentre intorno un coro di labbra mima il testo a sincrono, fosse un film trash il bambino vomiterebbe il pranzo sulla tovaglia della festa appena conclusa l'ultima strofa e invece si prende l'applauso e torna seduto a mangiare, naturalmente tutto, naturalmente senza fiatare, sia mai che si interpreti l'intervento come volontà di partecipare e quindi gli si chieda un'altra poesia, so che lo pensano pure se hanno tre anni, tra una poesia e l'altra, quest'anno ho visto un bambino di tre anni declamare a memoria con dizione perfetta, una dizione che non era altrettanto perfetta quando tornava a chiedere le cose normali di un bambino di tre anni e allora resta da capire se quello della dizione perfetta da grande sarà uno scienziato o un serial killer, una poesia che sarà durata non meno di sette minuti, una roba inumana considerando che deve aver cominciato a memorizzarla quando ne aveva due.
L'altro fratello portatore sano di cognome maledetto ci ha lasciati anni fa nel pieno degli anni, lo Zione e l'ennesimo punto segnato dal cancro sui buoni e dio solo sa quanto avrei avuto bisogno di averlo accanto negli ultimi anni come lo ebbi nei primi, lascia a quella tavola una moglie con una testa alta in misura proporzionale alla fatica fatta per rialzarla e non riesco a immaginare come si possa sopravvivere alla perdita di un marito così enormemente bello, se non guardandone i figli, boh, i miracoli dell'amore a volte, quanto sarebbe orgoglioso di come suo figlio ne ha preso il posto senza esagerare, di come la figlia ha saputo non implodere dentro la debolezza con cui stava crescendo quando lo perse, se c'è un motivo per il quale spero esista un aldilà quel motivo è che significherebbe che lui li vede, non gli augurerei altro, vederli oggi, hanno salvato il cognome Bozza, lo portano altissimo dove nessuno di noi intorno era riuscito a portarlo e che ingiustizia morire prima di vederlo, di vantarne il merito, di applaudire non la poesia di natale ma quella dei restanti trecentosessantaquattro giorni dell'anno.
C'è S., l'unica cugina che a me non la racconta o mi racconta tutta una vita in quel sussurrato ma non tanto da non farsi sentire da chiunque nel raggio di tre metri "Beato te, fallo finché puoi" in risposta al mio annuncio di capodanno in completa e totale solitudine, io lo so che bomba ha dentro e sto solo contando gli anni che ci metterà, perché con una famiglia così perfetta l'asticella è ad altezza totale caos dentro, prima non si fiata e il caos in tanta perfezione è difficile da sentire innegabilmente sopra l'asticella, ma la bomba è innescata, il figlio è infatti l'unico nipote teppista a tavola , la sua cartina di tornasole, la prova della futura esondazione, capace a quattro anni di mettere in chiaro a tutti che o lo si tollera o come ritorsione ti vomita il pranzo sulla tovaglia in nome di tutti gli altri e lo sa lui, lo sai tu, lo sanno tutti, sia dunque teppista, in ogni famiglia ha la sua funzione anche la tolleranza esclusiva, ogni omofobo ha un amico gay sul comò, ogni famiglia perfetta ha un elemento che a tre anni spacca il cazzo per tutti e a tutti, l'autorizzato elemento temporale opposto lungo la linea dal lato opposto della quale siede lo zio anziano unico titolare del diritto di bestemmiare e insultare gli ospiti causa Alzeimer, due volte nella vita il mondo concede licenza di essere estremi e quelle due volte sono i due estremi, le uniche due volte nelle quali il mondo sembra non accorgersi di concederti quell'estremo che in realtà già sei e sul quale stai già seduto senza bisogno di chiedere permesso a nessun mondo, bello di mamma, quanto le piacerebbe fare lo stesso, quanto mi piacerebbe che facesse lo stesso, spero di esserci quando lo farà, perché lo farà.

Ma è natale e come ogni natale c'è il regalo, la zia è preside e il regalo è un libro, naturalmente comprato per numero di ospiti e non per tipologia dopodiché ad associare ci pensa il posto a tavola che ti capita, l'anno scorso ricevetti un romanzo che dalla copertina credo fosse destinato a una parente zitella lontana nello spazio e nel tempo, non poteva essere per me, io in quel natale ero come gli altri convinto di avere una compagna, lo credevo io che lo ricevetti, lo credevano loro che me lo regalarono, quei regali che arrivano a te perché un'ospite attesa ha dato forfait all'ultimo così come tu all'ultimo hai detto che saresti arrivato, ti becchi il romanzo sulle perle e l'amore e taci o ringrazia.
Ma il meglio arriva quest'anno, quando arrivo e immediato mi si consegna il regalo dell'anno, qualcosa come sei chili di carta al netto di quella con cui è incartato, che sono almeno altri tre di pizzi e merletti lamé.
Apro il mio regalo immaginando un romanzo per fidanzati inconsapevoli del reale motivo per il quale da anni a quel pranzo ci vai da solo con la passione per le perle volume due ma anche tre ma anche quattro e invece la copertina mi saluta con tre nomi che mi inchiodano al mio destino di nipote che non ha fatto tutto quello che doveva fare:

Penso sarà un romanzo un po' altisonante, non può aver azzardato tanto, lo apro per sfogliare velocemente le migliaia di pagine, che mi salutano così (lo capisci da solo che ci devi cliccare sopra o anche tu non hai fatto tutti gli studi giusti?):

e poi così:
 e poi così:
 
 e poi così:
 

Mentre me lo consegna la zia preside mi guarda e in risposta al mio "Non mi avrai sopravvalutato un tantino?" mi dice "Così hai qualcosa con cui tenere orizzontali i tavoli in casa" e in quella frase si apre sul suo volto la perfetta riproduzione di mio padre quando diceva a me e a mio fratello che il cancello per il rispetto, il suo prima di quello di chiunque altro, si chiamava laurea, naturalmente mai presa, come il rispetto e del resto eravamo stati avvisati.
Poi uno si chiede da dove abbia preso questa incontrollabile passione per il sarcasmo come forma di comunicazione d'amore.
Quanto sappiamo essere stronzi noi Bozza con le persone che amiamo di più, quanto siamo incapaci di far capire loro che non li sminuiamo, li amiamo così come sono, inferiori, ed è amore vero, dannatamente vero, lo sappiamo che nessuno sarà mai come noi e per questo lo diciamo, lo sottolineiamo, ci incartiamo persino i regali con la carta del nostro essere superiori a chiunque altro.
Mi ha fatto piacere quella frase sprezzante.
Non lo saprei spiegare il perché essendo una banalissima questione di percezione di equilibrio, ma non poteva dirmi cosa più bella di una cosa che solo mio padre avrebbe avuto la capacità di dirmi consegnandomi un regalo di natale.
La vera conquista di anni di fatica è che oggi quando ci si ritrova non si recita -più- l'idealizzazione di ciò che sarebbe stato bello essere, ma quello che alla fine siamo stati: un cognome con una capacità di amare direttamente proporzionale a quella di distruggere.
Gli altri Bozza, dico.
Io sulla mia di distruggere ho vinto e mi sono tenuto solo quella di amare.
Come lo Zione, del quale sono fotocopia genetica e per questo vivo con la consapevolezza che anche a me entro al massimo una decina d'anni un bel tumorazzo mi leverà di mezzo.
E per questo bevo, fumo, sgranocchio goduriosamente il bruciato della carne alla brace, tanto non cambia nulla e dato che sono sempre i migliori che se ne vanno prima e la genetica lì mi porta è chiaro che sono in lista e tantovale.
Il timer è a cinquant'anni, fumava molto anche lui, amava molto anche lui, la differenza è che lui quel libro l'avrebbe capito perché in grado di scriverlo e per questo mai me l'avrebbe regalato, unica persona passata sulla terra che mai mai mai una volta cercò di ridurmi, forse perché fu professore e mai preside, un abisso di differenza tra chi i ragazzi difettosi li guida e chi li amministra, che incredibile vuoto lasciato, come puoi farlo stare in equilibrio un tavolo al quale mancano -dio quanto mancano- due gambe su quattro, quanti libri servirebbero?
Sarcasmo amore e disequilibrio: Bozza, suona bene anche il mio dai.

8 commenti:

  1. GEB non è un testo facile (soprattutto se provi a capirlo partendo da metà...), il suo obiettivo è parlare dell'autoconsapevolezza, di cosa sia e come si origini; va detto che ancora non abbiamo una risposta chiara, quindi men che meno la troverai nel libro, pubblicato nel 1979: è un segno del... segno che ha lasciato nella nostra cultura il fatto che ancora oggi sia un libro non dico tra i più venduti (di sicuro non in Italia, dove solo il titolo tende a provocare immediata catatonia nel non-lettore medio, seguito da panico alla vista dello spessore), ma di quelli che continuano a vendere il giusto, un po' come i libri di Carroll o di Tolkien (a parte i picchi per quest'ultimo dovuti agli osceni film di Peter Jackson).

    Non ci vuole assolutamente una laurea per leggerlo, ma un certo impegno sì; non è un libro che puoi leggere dieci pagine oggi e altre venti tra una settimana: bisogna dedicargli il suo tempo e non fermarsi lungo il percorso.

    E poi i dialoghi tra Achille e la Tartaruga sono troppo carini...

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    1. Mettiamola così:
      Al di là della reazione, e del cinema che ci faccio intorno, l'unica vera reazione che quel libro mi ha dato a prescindere dal perché mi sia stato regalato, è che sia io a essere inadeguato a lui e non viceversa.
      E lo dico anche dopo averlo solo sfogliato superficialmente.

      Detto ancora più semplice, non sono ovviamente entrato dentro il libro ma ho potuto comunque prendere le misure di ciò che "dice" e in quel momento ho pensato che mi sarebbe piaciuto davvero tanto, o vogliamo dire mi piacerà davvero tanto, un giorno esserne all'altezza.

      Non vogliamo farne una questione di preparazione, non lo è e lo so, ma di predisposizione.
      Ci sono libri a noi accessibili in linea di principio ma non in termini di momento storico.
      In questo momento per esempio è la terza volta che inizio un libro di Bauman, autore che in altri periodi della mia vita non ho avuto difficoltà a leggere nonostante non abbia studi adeguati alle spalle, e per la terza volta richiudo dopo aver dovuto leggere le prime 50 pagine almeno tre volte prima di comprenderle o avere l'impressione di (dato che il simpatico tizio ha l'abitudine di fare della prima metà dei suoi libri delle piste di lancio per le seconde metà nelle quali scopri magari di non aver capito quanto letto fino a quel moment).
      E' il libro che stavo leggendo quest'estate prima del grande Tsunami, né più né meno complesso di altri che fino a quel momento avevo la testa per leggere.
      Oggi mi rendo conto di aver recuperato forza, equilibrio, "sanità mentale" nonostante i pochi mesi, ma non ancora quella libertà mentale necessaria per mettermi di fronte a certe complessità del pensiero e allora siano i De Luca finché il processo di riposo non sarà completo o almeno giunto a un punto nel quale posso scegliere la categoria di pensieri con la quale passare la prossima ora.

      Ché non è questione di tipologia di pensieri, ma di quantità.
      Certi libri li puoi affrontare solo quando hai una quantità di pensieri controllabile, considerando la fisiologica quota di distrazione che la mente umana non ha modo di interrompere, e la parte eccedente la quota distrazione cioè quella che puoi decidere di destinare alla comprensione di qualcosa di complesso è quella prevalente tra le due.
      Al momento la mia quota distrazione è un circo a tre piazze e mettermi di fronte a libri come questi sarebbe come cercare di leggerli camminando in mezzo al corteo della banda di paese tra i tromboni e le grancasse.

      E per questo benvengano i De Luca e i suoi così per me poco facili punto e a capo ogni tre parole, che ogni volta mi ci incazzo perché non è possibile scrivere venti righe divise da venti punto a capo e invece quanto mi fanno comodo oggi.

      I dialoghi con la tartaruga sono la parte che mi ha fatto capire che un giorno ci proverò, perché ho capito da che parte prende il lettore e da quella parte sì, credo di poterci essere anch'io.

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  2. voglio pensare che questo libro venga regalato a persone normalmente speciali.
    io lo regalai a mio padre.

    ho sorriso vedendo la copertina, leggendo la saga dei bozza e considerando il capitolo autoreferenza e autoreplicazione ...

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    1. Per quanto detto sopra a jake sì, credo che mi sia arrivato per portare in fondo quel messaggio lì.
      Perché la battuta sul tavolo da stabilizzare me l'ha fatta mentre lo stavo aprendo (anche se da come l'ho raccontata sembra in effetti arrivata dopo) e questo significa che lei lo sapeva quale mi fosse capitato.
      Non mi avesse considerato adeguato non me l'avrebbe regalato perché a quel punto sì che sarebbe stato un giudizio sprezzante più che palese.

      E allora torna quanto detto appunto sopra circa la sensazione di adeguatezza possibile ma "da raggiungere" che è stata inclusa nel regalo, come il vero motivo per cui alla fine non scherzo quando dico che mi ha fatto piacere.

      E' un "Puoi farcela anche se" e quindi, a volerla proprio tirare tirare, persino un giudizio superiore a quello che si avrebbe di fronte a una preparazione certificata, perché diretto alla forza personale più che a quella acquistabile in rate annuali.

      [Mode Cintura nera in giramento di frittate: OFF]

      bello sapere che i libri legati ai padri si reincontrino così casualmente ma così perfettamente.
      e' come se tutto tornasse in qualche maniera, come se scelte sul momento difficili da spiegare trovassero i perché lungo la strada.

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  3. Anonimo14:09

    bene, bellissima la presentazione della tua famiglia nella quale fra le altre cose mi ci ritrovo, pero' probabilmente da un altro punto di vista. ebbene io da piccolino ero uno di quei teppistelli che destabilizzano l'aura familiare di pseudo nobilta', ereditata non si sa bene da chi o da cosa con la consapevolezza di essere superiori ai piu' e per questo avere sempre le parole e le soluzioni per tutto.
    ecco, premesso questo io ho vissuto sempre con questo bipolarismo, mi spiego, non ho voluto mai fare pesare cio' alle persone che mi si sono trovate intorno combattendo in me quella vena estrosa, creativa e perche' no genetica di sana follia......
    bipolare come hai detto tu capace di amare e di non farsi amare in ugual misura.
    stravolgendo la propria vita piu' volte ed ogni volta ritrovandomi sempre da solo come se non ci fosse nessuno capace di seguirmi....
    adesso dopo parecchi anni, si mi ritrovo a dover riunire le forze per far fronte al proseguo che genetica dice sara' lungo ma non per questo semplice, fumo, bevo e mangio.........
    sicuramente non sono prondo ad affrontare dinamiche complesse anche se per natura so bene che mi ci ficco senza batter ciglio.......ma questa volta e spero ormai per sempre non saro' piu' disposto a fare violenza alla mia chiamiamola bipolarita ho deciso di difendere la mia sana (forse) follia...........
    non posso continuare ad indignarmi quando gli altri con molta leggerezza calpestano i miei sentimenti. da sempre mi sono preoccupato a non fare entrare nessuno (quasi), nella mia sfera emozionale...... quei pochi che ne hanno avuto facolta' hanno tentato di ditruggerla,,, adesso non sara' piu' cosi'. coloro che ne avranno accesso saranno messi al corrente che non si possono permettere di giocarci dentro............
    bene questo e' quello che il tuo racconto mi ha fatto scrivere,,,,, vedi un po tu se ci trovi qualcosa di buono...
    con osservanza 5o

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    1. Ma se mi dici "vedi se ci trovi qualcosa di buono" mi fai sentire maestrino con la penna in mano!
      Io non giudico le idee di chi le espone, al limite mi ci confronto in una maniera che sì, può apparire un giudizio, ma quando lo è non lo è sull'idea bensì su alcuni aspetti della stessa.
      Per esempio del tuo commento il punto che mi fa fermare è l'uso che fai dei termini Bipolarismo e Follia.
      Ecco, in quel punto lì sento di voler (non di dovere ma di volere) dire la mia nel momento in cui quei due termini hanno un significato e un peso ben diverso da quello che comunemente gli si da quando li si utilizza per disegnare i contorni di aspetti che però con quei due termini hanno poco a che fare.
      Mi spiego meglio.
      La figura di cui parli tu riferita al tuo percorso ha tutte le caratteristiche "normali" di un qualsiasi bambino sano, non costretto dentro lacci educativi culturalmente irrigiditi da malintese regole di "buona educazione" e di un qualsiasi adulto segnato da esperienze sentimentali difficili, che però sono a loro volta la normalità quando si ha nella vita un numero di relazioni sufficientemente esteso da farci entrare la normale quota di errori che statisticamente compaiono in qualsiasi esperienza superiore alle due occasioni in croce.
      Aspetti quindi più che normali, rappresentati però usando termini che sono propri di precise patologie che di normale non hanno nulla.
      Il bipolarismo è una vera e propria malattia, non è una caratteristica caratteriale, così come la follia, al di là di come il termine sia stato stravolto nel tempo al punto da dargli persino dei contorni così positivi da portare al gente a utilizzarlo per raccontarsi, tutto è tranne una cosa da prendersi addosso come fosse addirittura uno strumento protettivo.
      Bipolari e folli hanno problemi esistenziali ben più grandi e duri di quelli che possiamo avere noi quando dobbiamo risollevarci dalla donna sbagliata del momento e il mondo delle patologie mentali è un terreno troppo delicato per entrarci senza la consapevolezza di star toccando tasti che per qualcuno possono essere davvero ma davvero difficili e duri.

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    2. Sul resto posso solo leggerti come si legge l'esperienza che ciascuno ha.

      Certo a sentirti si direbbe che le esperienze che hai avuto sono in realtà meno di quante si è portati a pensare, ma tutte "impattanti" al punto da diventare quelle che segnano tutte le altre.
      Posso dirti che sarebbe un errore farlo?
      Senza scomodare Morin ma alla fine chiamandolo in causa per restituire anche al termine "Complesso" il suo giusto suono (positivo) mi viene da dirti che le dinamiche o sono complesse o non sono dinamiche e che per questo l'unica maniera per avere interazioni umane esenti da complessità è il non avere interazioni con chi che sia.
      Nessuno ci potrà mai garantire di saper maneggiare con cura ciò che portiamo dentro ed è per questo che l'unica cosa che si può chiedere quando ci si offre a qualcuno è almeno l'impegno nel provarci, pronti però a perdonare l'errore.
      La buonafede, diciamo, non l'infallibilità.
      Il tentativo, non il risultato.
      Quando qualcuno si trova nella possibilità di calpestare con leggerezza i nostri sentimenti e lo fa, non ha sbagliato lui/lei nel farlo (anzi, sono i pochi momenti in cui la persona che hai davanti è onesta con sé stessa) ma noi nel non aver imparato a riconoscere le persone con un'anima predisposta a farlo.

      Se torno indietro nel mio percorso e vado a vedere la forma di tutte le persone che più hanno fatto scempio di ciò che di fragile avevo addosso, mi rendo conto che tutte, in maniera più o meno marcata, avevano le caratteristiche palesi più che chiare per riconoscerle come in grado di farlo e questo sposta su di me la responsabilità nell'averle ugualmente prese accanto.
      Allora non si sbaglia quando si offre il proprio intimo a qualcuno, ma quando lo si svaluta al punto da offrirlo a chiunque sia quel qualcuno, fino all'estremo di non curarsi nemmeno di tenere lontani quei qualcuno che non fanno nemmeno mistero del loro non sapere dove stia di casa la cura delle persone care.

      Io ho preso batoste in egual misura alle volte che ho incontrato veri e propri tesori,
      Il giorno che le prime condizioneranno il mio concedermi ogni volta nuovo, con ogni probabilità smetterò di incontrare le seconde che, se sono tesori, difficilmente si avvicinano e si offrono a chi si presenta opposto e allora sì che le prime avranno vinto e potranno dire di aver devastato tutto.

      Meglio rischiare ogni volta pensando che ogni volta può essere la volta buona, piuttosto che far pagare alla prossima errori dei quali la prossima non ha colpa.
      Se tra me/te, la nostra ex e la prossima qualcuno ha colpe, quel qualcuno siamo io e te.
      Io di tesori ne ho persi troppi, barattati con persone che non valevano un'unghia ma alle quali ho donato il triplo, per aver voglia di prendermi anche la colpa di perdermi i prossimi.

      Non ci sono relazioni esenti dal rischio di.
      Ci sono relazioni e ci sono solitudini.
      Per carità, la solitudine è condizione altissima quando vissuta per scelta e con equilibrio.
      Il problema è quando così non è.
      Farsi male stando da soli per non farsi male stando in due, tantovale rischiare di farsi male stando in due.
      Se non è per scelta ma per protezione la prima condizione è certa ed è di malessere, la seconda è un rischio, ma se va bene hai vinto tu e hai vinto su tutte le sconfitte precedenti.

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    3. Anonimo08:14

      buona......
      ok ,ok, quando parlavo di far entrare nella mia sfera emozionale non intendevo necessariamente ad un rapporto di coppia, comunque il succo non cambia e come sempre riesci a fare una analisi piu' o meno accurata, anche se non vuoi sentirti maestrino ti ci trovi.
      ti rassicuro pur avendo una certa eta' credo che come esperienze ne abbia accumulate "abbastanza" ne poche ne molte,,, non saprei dirti, non so quantificare, non ho mai sentito dire di uno che si stanca delle esperienze fatte quindi credo che non siano mai troppe.....impattanti dici???
      si alcune certamente, di quelle che ti lasciano il segno e non parlo solo delle emozioni, del fisico, ci sono esperienze che gioco forza condizionano anche il linguaggio del corpo, figurati.....
      non volevo dare la colpa a nessuno delle mie esperienze chiamiamole negative come non do il merito a nessuno per quelle diciamo positive.... pero' sicuramente le custodisco, le prime piu' delle seconde molto gelosamente perche' a differenza di quello che dici tu mi sono servite e mi serviranno sempre piu' nell'interagire futuro, forse di preckudendo qualche via ma forse aprendone altre, ma sicuramente intraprenderei una via sempre dall'incerto cammino ma con una fiducia diversa fatta da quelle esperienze.
      con osservanza 5o

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