3 dicembre 2013

A Zigozago c'era un mago

Quello che il bambino chiama sbarre, l'uomo chiama casa.

A zigozago c'era un mago
"Prospettive" - Luce su ferro - Torino 12/2013

27 commenti:

  1. dal figo bar all'iron bar.
    (bella la girandola)

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    1. ...all'iron man!

      http://4.bp.blogspot.com/-RI6JxhO6mx8/Ub-aFoAmCLI/AAAAAAAABr8/35Y87klwnxM/s1600/ufficiale-gentiluomo.jpg
      Giusto per mettere un attimo l'accento sulla scenografia, che per una volta è soggetto.

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    2. Così come la girandola, anch'essa passata da scenografia a soggetto.
      http://ilmiomanifesto.blogspot.it/2004/04/parole-al-vento.html

      sono un enorme lunghissimo progetto costantemente rinnovato e fatto di obiettivi posizionati ad anni di distanza e poi centrati.
      Mi piace vivere così, mettendo un boccino laggù a qualche anno e poi dedicando i successivi a prenderlo in pieno o andarci il più vicino possibile.
      Mi sembra di vivere in maniera un po' più piena del solo ciclo quotidiano.
      A oggi li ho sempre centrati tutti e questa cosa è l'unica che mi sembra dia un senso a tutto, anche solo a una girandola che poi alla fine sta lì e un senso è bello l'abbia anche lei e mi piace raccontarlo quando le cose apparentemente casuali vengono notate.

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    3. Quello che è bello e significativo fare con la vita è altrettanto bello farlo anche col giardino (almeno, quando si è un'Ape dotata della pazienza infinita e della 'vista' lunghissima del giardiniere, anche se ogni tanto si vorrebbe che gli obiettivi fossero meno elusivi (ah, i miei giacinti Viking, li dovrò sospirare un anno ancora...)).
      Vabbe', sarò paziente una volta di più.
      Eccomunque, la girandola lì dov'è e perfetta.

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    4. Per qualche anno ho avuto la passione dei bonsai (e un terrazzo che mi permetteva di avere quel passatempo)
      Che significa tagliare le foglie a metà oggi perché due anni dopo quel ramo lì indirizzi gemme verso l'alto.
      E quando due anni dopo le gemme spuntano dove volevi tu e nella direzione che volevi tu, essignori che bellezza.
      Quando dico che come so aspettare io nessuno mai, parlo con cognizione di causa insomma.
      :)

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    5. Tutto giusto e verissimo, epperò l'arte del bonsai NON è un passatempo, perbacco!
      Come tutto ciò che ha a che fare con l'interazione col mondo vegetale (ad un livello superiore di quello di quei disgraziati per i quali vender piante e vender bulloni è la stessa cosa, e che ti venderebbero la loro madre dicendoti che è un oleandro), i bonsai sono una forma d'arte ed una scelta di vita.
      Disgraziatamente l'Ape è troppo zotica per apprezzare appieno questa particolare interazione con le piante, ma sono perlomeno in grado di capire ch'è un'arte sublime.

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    6. Sì, passatempo in questo caso è usato letterale.
      Cioè se ti occupi di bonsai...passa il tempo.
      Nel senso che ogni virgola che fai ha bisogno di una stagione per capire se hai fatto proprio la cazzata e due, nel caso non avessi fatto la cazzata, per capire se oltre a non aver (solo) sbagliato facendo fuori la pianta hai anche ottenuto ciò che volevi.
      Il tempo che passa non va letto come quello che dedichi alla cura ma quello che attendi per i risultati, insomma.

      Assolutamente d'accordo con la forma d'arte.
      Il mio "tutor", diciamo quello del negozio specializzato che mi seguiva e mi insegnava, non a caso detestava con tutto sé stesso l'operazione dell'ANLAIDS.
      Operazione che, a detta sua, per una buona finalità concettuale sacrificava ogni anno migliaia di piante (tra l'altro non sono Bonsai ma PRE-bonsai, che è altra cosa) condannate a finire sulla mensola del camino o sul televisore, in case di gente che li prendeva e teneva in casa come fossero piante da appartamento un sacco fiche da mostrare agli amici e non alberi che come ogni albero han bisogno di stare all'aperto.
      Aveva il suo calendario "pronto soccorso":
      ogni anno esattamente un mese dopo la fine del weekend dell'operazione nelle piazze, il suo negozio si riempiva di gente che si presentava con la pianta morta chiedendogli come mai, dato che loro la tenevano sopra il televisore in cucina e la bagnavano con tanto amore ogni giorno, stando sempre bene attenti che come le piante del salotto in pelle di leopardo avessero sempre l'acquetta nel sottovaso per quando avevano sete.
      Come piantare una quercia in una palude e poi fare Oh quando quella saluta tutti e si suicida.
      Ma come si incazzava ogni volta che arrivava quel periodo lì.

      Serve molto spazio (all'aperto), molta precisione, molta pazienza e molta serenità personale (ha il suo peso, mi si creda, né più né meno del fertilizzante), ma quando si dispone di quel pacchetto di cose lì, il bonsai è un mondo pazzescamente bello.

      Oltretutto perfetto per imparare tecniche che si rivelano utili anche quando tradotte nella cura di tutt'altra flora.

      Perché poi le piante sono miliardi ma alla fine sono tutte parte di una formula originale semplicissima che vive di poche regole uguali per tutte, imparate le quali basta leggere le varie specificità per riuscire ad averci a che fare e vedergli fare fiori a una frutti all'altra, colorare foglie a quell'altra ancora.
      Ma alla fine chiedono tutte la stessa cosa: attenzione, precisione, competenza, dedizione.
      In cambio sono piante ogni anno più grandi e più sane, quindi più belle.
      Un po' come le persone, diciamo.

      Ed ecco che il parallelo con la passione del bonsai reincrocia la vita quotidiana.
      Sia nel punto in cui si impara ad aspettare, sia in quello ancora più importante in cui si incide leggermente un ramo e se ne guarda l'anima, per capire in maniera infallibile se è salvabile o se non c'è più nulla da fare e va tagliato se si vuole salvare il salvabile.

      (questo tanto per capire quel fatto là del filosofeggiare partendo da un frigobar di cui si accennava nel post precedente)

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    7. Ecco, però se ci si mette a parlar di piante e d'interazioni colle piante e di paralleli colla vita quotidiana, io qua impianto (hehe) un comizio che non finisce più.
      Ché, come dicevo, io non sono evoluta e spirituale a sufficienza per poter accedere con profitto mio e della pianta al mondo del bonsai, anche se capisco abbastanza di quel mondo da desiderare di prendere a padellate nelle gengive quei pisquani che cianciano di 'maltrattamenti alle piante' nel caso dei bonsai: ma questi deficienti li hanno o no gli occhi per vedere se una pianta è, oltre che in salute, contenta e sviluppata armoniosamente? Cosa ne sanno 'sti qua del rapporto che si crea tra il bonsai e chi lo cura? E vogliamo parlare del fatto che magari 'sti qua son gli stessi che fanno capitozzare orrendamente gli alberi del giardino (magari condominiale, magari pieno di alberi che non si sarebbero mai dovuti piantare lì perché sarebbero diventati troppo grandi per lo spazio a disposizione) perché 'le foglie sporcano' (accidenti a quella che Pizzetti chiamava la GMM, Grande Massaia Mediterranea), oppure fan cimare gli abeti (grrrr) giganteschi che troneggiano in 3 metri quadri, che poi son gli alberelli di Natale che 'poverino mettiamolo in terra'.
      Quello no, quello non è far violenza alle piante, vero?
      Ma 'sti qua hanno la minima idea di quel che una pianta può darti in termini di miglioramento interiore, di gioia e di serenità, di armonia con se stessi e con quel che si ha attorno?
      Qualche anno fa ho avuto il dispiacere di veder morire un piccolo albero che, essendo praticamente un grande arbusto, aveva radici poco sviluppate ed è stato abbattuto da un forte vento. Ci son rimasta così male che m'è venuto da piangere e, quando l'omo (ch'è un tantinello carente di sensibilità per 'ste cose) mi ha detto "Ma dai, infine è solo una pianta", gli ho risposto "Appunto, e cioé è una creatura vivente che in cambio di un po' di cure e di attenzioni mi dà tanta gioia, e questo è molto di più di quel che si può dire di parecchi esseri umani".
      E invece, quando vedi che non solo una pianta o due, ma un intero giardino cresce e si sviluppa armoniosamente aiutato dalle cure che gli dai, allora sì che puoi dire d'aver creato qualcosa, di essere in armonia con la vita che cresce e si rinnova, e la soddisfazione che si prova è la sensazione più bella che si possa immaginare.
      Quando guardo Beehemot e penso che fino a 15 anni prima lì c'era un campo di pannocchie (o di patate americane, o di soia, dipendeva dall'anno e dal periodo) un pochino mi sento fiera di me, ma soprattutto sono contenta e appagata perché ho creato qualcosa di bello.

      Ehm, adesso però è meglio se la pianto (hehe) qui, sennò bisognerà abbattermi per farmi smettere di parlar di piante.
      (Eccomunque, quelli che tengono le piante in ammollo col sottovaso pieno d'acqua (a meno che non si tratti di ciclamini, a cui per misteriosi motivi 'sto trattamento piace) sono dei torturatori assassini a cui dovrebbe esser proibito per legge di affidare delle creature innocenti).
      (E capisco benissimo anche il tuo "tutor", io non potrei mai tenere un negozio perché passerei metà del tempo a farmi venire il fegato grosso incazzandomi coi clienti senza cervello).

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    8. Ehm, dalla regia mi dicono che non si tratta di GMM, bensì di GMMM: Grande Madre Massaia Mediterranea.
      Tra l'altro, qualche settimana fa ne ho conosciuta una particolarmente virulenta: 'sta qua tutti gli anni faceva potare bassissime le ortensie perché "sennò quando perdono le foglie sporcano", e poi si stupiva perché 'ste pore criste non fiorivano mai.
      Femmine senza cervello.

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  2. Questo post è magnifico.
    Mi piace. Moltissimo.
    (Cheppoi, alla faccia della millantata incapacità di sintesi: con una foto (bellissima) e due parole NON casuali riesci a fare un discorso immenso. Sciapò)

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    1. E pensa te che non avevo neppure visto il tuo commento qua sopra, e già in 'sto post ci vedevo un discorso gigantesco anche senza quest'altra foto!

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    2. Volendo fare una parafrasi del famoso detto, in effetti mi sono un po' allontanato dal senso che volevo avesse.
      Ora lo correggo così è ancora meno NON casuale.
      (grazie)

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    3. (ancora PIU' non casuale)

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  3. Anonimo11:19

    ma anche affaccio, per esempio, senti come suona. :)

    lisa

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    1. Al posto di "Prospettive" dici?
      In effetti c'è stata una piccola gara interna (io-io) per la scelta del titolo da dare all'opera d'arte (converrai) e il candidato che se l'è giocata con Prospettive era "Linee di fuga"
      Al fotofinish, ma alla fine Linee di fuga ha perso per evitare polemiche, ipotesi e le solite onnipresenti metafisiche sottoletture delle quali al momento faccio piuttosto volentieri a meno.

      Affaccio non era male, no.
      Non era affaccio male.
      hahahahaha

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    2. Peraltro non solo il titolo si è conteso il podio ma anche l'opera d'arte (converrai) stessa, che fino all'ultimo metro ha visto il traguardo conteso da altrettanto artistica opera (converrai strikes back):
      http://www.flickr.com/photos/bruno_bozza/11188050875/

      Come tu m'insegni, è questione di guardare la stessa cosa da prospettive diverse, per darle direzioni completamente opposte.
      E infatti guarda lì la stessa cosa in due foto diverse quante cose diverse può dire.

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    3. la prospettiva broonovskij

      (preferisco la prima, quella che hai scelto. la seconda è un po' troppo mistico/newage! ;P)

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    4. E ma infatti per quello dicevo che alla fine ha vinto l'altra, proprio perché questa mi era troppo mistica e allora facciamo che anche no vince l'altra che parla di prospettive.

      Oltretutto per curiosità mi sono andato a leggere la definizione di Prospetto che, secondo Treccani, è tra le altre cose:
      "b. Nel linguaggio giur., lo stesso che veduta, cioè finestra o apertura che consente di affacciarsi e guardare di fronte, obliquamente e lateralmente; si contrappone alle luci o finestre lucifere (v. luce, nel sign. 6 a).

      E quanto mi piace tirare a caso e poi giocare a scoprire le direzioni che si rivelano sempre così precise.

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    5. Anonimo16:00

      no, io mi riferivo al sottotitolo: quello che il bambino chiama sbarre, l'uomo chiama casa.

      da qui, il fatto che un uomo possa anche chiamarlo affaccio.
      da cui, il prospetto.
      ma anche, il parapetto.

      e via andare.

      (non riesco a aprire la foto mistica: sarà un segno? Quèlo)

      :)

      lisa

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    6. quèlo e coelho!

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    7. Sacrilegio!
      No no no nnnnnnnò!
      Non confondiamo risotto e.
      Quèlo è per menti sviluppate, Coelho è per tutti gli altri!

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    8. Ah, anche tu fai le girofoto! (Ebbene sì, ho sficcanasato, ehm...)
      Le fa anche The marit, gli piacciono dimolto assai.
      Eccomunque ripeto: 'sto post è perfetto così com'è, foto, parole, tutto.
      E per carità, non confondiamo il sacro col propano (antica battuta da chimico, ri-ehm). Colla faccenda di coelho, intendo.

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    9. In genere no, anche perché sono impossibili da vedere e da stampare e in ogni caso anche se le guardi ne vedi sempre e solo un pezzo alla volta e quindi viene meno il senso di fare UNA foto.
      Però in quel caso, anzi in quei due casi, il punto d'osservazione era talmente pazzesco che non fu possibile opporsi alla voglia di riprendere tutto il giro.

      'sto post è perfetto, sì.
      Non vorrei apparire scarsamente umile (ahahahah) ma devo darmi in effetti una bella pacca sulla spalla per questo post.
      Ultimamente la necessità di non parlare mi sta obbligando a una qualità di sintesi che in effetti si fa via via più raffinata.

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  4. coelho era per il segno "mistico"...

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    1. Ma sai che ora che ci penso l'assonanza Quèlo-Coelho non l'avevo mai notata?
      Dici che è un'altra delle cose che alla fine butti lì a caso e invece sono proprio così?
      Cioè Guzzanti è quel tipo di follia spirituale capitanata dal brasiliano che sfotte?

      No perché in effetti quel fatto che la risposta sta dentro di te e le stelle ti guidano è proprio di quel santone di Coelho e a pensarci bene Quèlo c'ha pure il pizzetto...

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    2. ahahahahaha!
      ok ok, vinto.

      https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10150472046870863&set=a.10150442926135863.359913.180219150862&type=1&theater

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    3. Anonimo16:30

      nnnaaaaaa... mi è caduto un mito: era meglio quando non lo sapevo.
      (s-sssapevatelo!)

      per me rimane Quèlo a priori, comunque, a prescindere.

      lisa

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