18 giugno 2002

Per Sommi Capi





Per chi si fosse perso, per chi si fosse allontanato, per chi fosse appena arrivato, per chi non capisse perché si debba perdere così tanto tempo, per chi fa finta di niente.

Dopo le vicissitudini dei mesi precedenti, durante i quali la stabilità mentale del nostro protagonista venne messa più volte alla prova, il tempo sembra in qualche modo essere riuscito a mettere i giusti tappi su barattoli dai quali usciva in maniera inarrestabile un odore fetido di cadavere recidivo o redivivo che dir si voglia.

Ed è così che il tema della puntata zero di questa telenovela, ha lentamente percorso una trama tristemente scritta mesi prima per la quale servirebbe un’altra intera puntata, che sicuramente verrà trasmessa al momento giusto, credo tra breve, ma per la quale mi riservo il piacere di scrivere un soggetto e una sceneggiatura (anzi, più probabilmente sarà sufficiente solo la sceneggiatura) apposta, il cui unico significato e messaggio sarà una roba tipo “visto che sei abituata ad ingoiare, ti suggerisco la trielina” o qualcosa di dolce tipo quello.

Tornando al riassunto delle cose belle, quello che sembrava un percorso lento e tortuoso, la cui meta era rappresentata dalla ripresa di una vita sociale all’altezza dei ricordi e dei piaceri, si è alla fine rivelato esattamente tortuoso come il nostro protagonista immaginava all’inizio.

Del resto non era certo la prima volta che si trovava ad affrontarlo suo malgrado, e le tappe obbligate gli erano più che chiare.

A differenza però di quanto aveva immaginato, grazie alla tenacia e alla costanza impiegata nel raggiungere il più velocemente possibile la suddetta meta, la prevista lentezza in realtà non si è dimostrata inevitabile come previsto.

Succede così che il nostro protagonista, da un giorno all’altro, grazie a non si sa quale fulmine o bernoccolo, si rende conto di trovarsi in uno di quei periodi nei quali non c’è una sola sera senza una cosa da fare, o un amico da vedere, o una donna da corteggiare, o una mamma da sostenere qualsiasi cosa deciderà di fare.

E la cosa che più stupisce il nostro protagonista è che le cose da fare sono diventate così costanti e numerose da aver iniziato a dover dire no quando non vorrebbe, ma solo perché dire si a qualcuno al quale non si vuole dire no, quando le cose vanno benissimo significa spesso dire no a qualcun altro al quale a sua volta si voleva dire di si, ma anche e soprattutto ad aver iniziato a organizzare di farne più di una per sera pur di non perdersene nessuna, ed è bellissimo.

Perché è vero che il nostro protagonista non si sa organizzare, ma se guarda l’ultimo mese si rende conto che ogni lunedì aveva già in testa ogni sera della settimana che stava iniziando, questa compresa, ma soprattutto che non c’era una sera uguale alla precedente passata nello stesso posto della precedente con le stesse persone della precedente.

Il tutto grazie anche al fatto che i problemi orario e distanza per una ovvia ragione, sono stati banditi dalla lista dei motivi per cui non si fanno le cose.

Giorno dopo giorno, la vita del nostro protagonista ha lentamente ma nemmeno troppo assunto i tratti di quella vita che tanto gli mancava, fatta di un bellissimo lavoro i cui momenti bui durano da sempre lo spazio di un “grazie”.

Fatta di una serie di amici la cui presenza dimostra semplicemente in maniera inequivocabile che i valori puliti, quando si viene morsi, sono indispensabili quanto il siero antivipera, così, un paragone a caso.

Fatta da una donna, che ho un po’ paura a scrivere UNA donna, perché poi vai a spiegare che tu non intendevi, ma in realtà è così, in questo momento sei la donna, che ti fa sentire bello e desiderato che toglietemi tutto ma non il mio quello, e lo so che tu decisamente non sei d’accordo, ma credimi se mi dicessero che oggi potrei fermare tutto e mantenere quello che c’è tra noi esattamente così com’è oggi a tempo indeterminato davvero ci metterei la firma peccato che non si possa fare. Se solo penso a quanto poco tempo fa scrivevo “Vorrei essere assunto da MTV” e la mamma che generosamente si era offerta per mettermi in contatto magari involontariamente con “quel” collega.

Fatta di un fratello che pian piano ma in maniera agitatissima si sta rimettendo in piedi e lo sta facendo da solo, non perdendosi però mai l’occasione di correre dal nostro protagonista nonché suo fratello ogni volta che raggiunge un traguardo per poterglielo raccontare nella sua fastidiosa, opprimente, presuntuosa, irruenta, plateale ma ineguagliabile maniera, dimostrando a se stesso ma soprattutto al nostro un po’ demotivato protagonista, che quando mangi merda, che tu abbia i denti per masticarla o meno è abbastanza indifferente, ma che per lo stesso principio, quando decidi di tornare a mordere, che tu abbia i denti o meno è solo un problema di chi ti si mette davanti.

Fatta, perché no, anche di quelle donne che intorno ti fanno il complimento, che di nascosto magari ti mandano un messaggio, che ti dicono quelle cose che ti fanno aprire quella ruota di piume che per consapevolezza hai tenuto nascosta per mesi spacciandola per ali chiuse pur di non smettere mai di portarla con orgoglio.

Quella vita lì.

Quella che ti dici bravo.

Solo un’imperdonabile svista, ma per il resto bravo.



Mi manca solo quello che provavo cantando.

Solo quello, davvero.

Oggi mi manca solo quello.

Ognuno ha le sue passioni.

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