23 settembre 2013

Dispaccio n. 10 - l'alba


Soldato Bruno operativo Signore.

Siamo arrivati alla fine di questa spedizione, Signore, a casa.
Un viaggio talmente lungo da dover essere diviso in due con un pernottamento a Milano e l'arrivo definitivo alla base solo stamattina.
Una spedizione tutta di segnali, Signore, come ha avuto modo di vedere.
Che come tale non poteva che concludersi con l'ultimo, stamane, quando al risveglio apro la finestra della stanza dell'ennesimo hotel per capire dall'abbigliamento dei passanti quale fosse la stagione in cui in nottata ero atterrato e il mondo in cui sono tornato ha deciso di farmi concludere questa lunga spedizione con la più simbolica immagine che potesse avere l'ultimo miglio di questo percorso verso l'alba.


C'è come sempre tutto, Signore.
C'è la Bovisa dove tutto è iniziato, c'è il kebab, che arriva dalla Turchia Signore, c'è l'immondizia che attende qualcuno che la porti via, ci sono i nuovi manifesti che coprono quelli vecchi dove tutto è finito e che manifesti, ci clicchi sopra se non li vede bene perché una casualità (...) così merita di esser vista bene.
Signore, non ha importanza se tutto questo sia vero, se sia solo la mia capacità di materializzare sintesi visive nel materializzare le quali dopo vent'anni di questo mestiere sono divenuto insuperabile, se sia il gioco infinito di un divertito regista superiore che ha voluto accompagnarmi in questo racconto in chiave bellica di questo passaggio epocale regalandomi continue immagini e simboli sui quali e con i quali giocare.
Ha importanza solo il fatto che quando ho aperto le tende e ho visto ques'immagine conclusiva ho riso molto pensando "Non è possibile".
E invece sì, Signore, è possibile.
E quando si incontrano le persone sbagliate, non sbagliate per noi ma sbagliate per loro stesse, le persone interrotte, da possibile diviene anche probabile e allora si scivola.
Càpita, ci si rialza, si va avanti come si è sempre fatto: da soli.
E non in senso poetico, chè noi nell'andare avanti da soli non ci troviamo nulla di poetico e anzi, la cosa che ora mi mancherà di più era il mio cercare di cucinare ogni sera, ogni sera per sei anni, una cosa diversa perché mi desse un bel voto sul ricettario da scrivere a mano insieme che mi regalò prima che il grande burrone, non io, ne inghiottisse i sogni, ma nell'unico senso in cui si intende quel da soli e cioè come realtà amara della quale prendere per l'ennesima volta atto.

Signore, l'ho mantenuta per sei anni e si è presa 50 euro di microonde perché era suo e io ora me ne vado giustamente a comprare un altro.
Rida molto con me, Signore, perché quello che i leoni chiamano poesia il mondo lo chiama senso del ridicolo.
I peluches che ho vinto per lei quando da soldato centravo alle giostre tutte le lattine perché lei fosse felice e io pavone per lei, perché vedesse che anch'io quando ho del gran tempo libero sono capace di giocare all'amore, invece stanno tutti qui buttati dov'erano a ricordarmi, servissero ulteriori prove tra l'altro, quanto poco valessero.
Così come qui sono rimasti i cuori scelti da allegare ai fiori dell'ultimo monodirezionale sanvalentino inconsapevolmente vissuto dentro monodirezionali anni, il vaso con il cuore preso perché visto di sfuggita tra un tassello e l'altro perché era sempre con me, servissero ulteriori prove tra l'altro.
Tutto ciò che era il mio amore per lei è rimasto qui, nemmeno il disturbo di buttarli lasciandomi il dubbio che fossero andati via con lei, la speranza che qualcosa di buono che meritasse di essere conservato l'avessi fatto.
Il microonde invece se l'è preso.
Non la trova un'immagine piuttosto riassuntiva di tutto ciò che è stato, che siamo stati, che sono stato?
Io sì.
Qualcuno al mio posto sarebbe stato tentato di chiamarlo disprezzo pronunciandolo Libertà, io invece so bene cos'è perché un tempo prima di liberarmene l'ho conosciuta anch'io e so quanto sia soffocante, si chiama Paura.
Dannatissima paura di guardarsi indietro e onestamente ora che ho visto quell'indietro anch'io l'avrei.
Comprendo la necessità di una vita fatta di tabule rase e set continuamente riallestiti da zero, neanch'io avrei vita facile a convincere tutti che la colpa è sempre d'altri e di esser stato sequestrato da un mostro per anni se intorno mi circondassi del suo avermi amata.
Meglio far sparire ogni traccia e se qualcuno chiedesse dove mai siano queste catene basterà dire che per volare finalmente libera le si è buttate via e quindi purtroppo non si possono più vedere ma fidatevi tutti il mio romanticismo bohemienne era circondato di regali cuori di cioccolata e fiori  era in catene e lui aveva la chiave e mi ha trattenuta per anni ma ora che mi ha buttato fuori di cas che mi sono liberata con la mia forza rock non voglio più vederle.

Sono arrivato a casa, Signore, l'alba.
L'alba in un mondo diverso da quello da cui ero partito.
Non migliore o peggiore, diverso.
Perché migliore o peggiore dipenderebbe da noi, ma noi siamo sempre gli stessi.
Difettosi e pieni di errori, ma onesti.

Non avrei mai potuto salvarla da sé stessa, Signore, nemmeno con tutto l'amore del mondo.
Perché era proprio il mondo a essere diverso.
Sul mio ci insegnano che onestà è il modo in cui ci comportiamo quando non siamo visti, non quello in cui ci comportiamo quando ci vedono.
Sul suo insegnano l'opposto.
Entrambi la chiamiamo onestà, ma intendiamo una cosa profondamente diversa e per questo in maniera profondamente diversa siamo destinati a viverla.
Non avrei mai potuto salvarla dal suo.
Nessuno potrà mai, forse nemmeno lei stessa.
Forse.
Non finché sarà questa lei stessa, prigioniera di un'idea di felicità congelata ai vent'anni in cui tutti ci siamo ubriacati sotto i portici ma solo qualcuno ha saputo prendere quell'emozione e portarla in età adulte e forme adulte pronta a viverne una versione nuova, migliore, persino più intensa di quando il massimo della femminilità erano tacchi alti e ore piccole.
Qualcuno da quelle sbronze si è svegliato e si è salvato.
Qualcun altro non ci riesce proprio e lì vorrebbe tornare, perché nella memoria non ha altri ricordi di felicità realizzate e quindi procedure per realizzarne versioni aggiornate all'età cui attaccarsi per vivere i quarant'anni con la stessa intensità dei venti.
La questione, la banale questione, è tutta qui.
E nessuno come chi l'ha toccata giorno per giorno per lunghi e pazienti anni può sapere che non è riassumibile in nessuna frase che contenga anche solo di striscio termini come stella, notte, sogno, distanze.
Bisogna essercisi sporcati le mani, non averla vissuta da lontano, la difficoltà del percorso insieme a una vita interrotta, per riuscire ad amarla davvero.
Così come per smettere di farlo.

Esistono prìncipi e princìpi.
Per i primi basta allestire un set e offrirgli un copione, sui forum per quindicenni in cerca di ricariche telefoniche a colpi di slip vedo-non-vedo e sui social regno dei maschi genere poeta struggent Mensélt - Falla impazzire in 140 caratteri ce ne sono milioni a disposizione per l'uno come per l'altro ruolo, non serve nemmeno essere troppo abili nel comporli in esclusiva, la piazza è immensa e con la rete giusta qualcuno in cerca di soluzioni veloci a problemi complessi lo si tira sempre in barca, per ogni slip fotografato c'è sempre un uomo disposto a chiamarla stella, la rete è questa da quando è stata inventata e non saremo noi a renderla più pulita.
Per i secondi serve una vita a costruirli minuto per minuto, caduta dopo caduta, serve viverli senza mai svenderli in cambio di nulla perché mai nulla varrà tanto e la vita è troppo breve per attraversarla alleggerendosi delle uniche cose che quel giorno ci diranno se abbiamo vissuto bene o male, serve proteggerli contro l'attacco di ogni male, contro la tentazione di cederli anche una sola volta in cambio di un veloce lasciapassare, perché quando li svendi una volta li hai svenduti per sempre.
I princìpi sono tali solo se arrivano sempre prima di ogni altra cosa, anche quando dar loro la precedenza tutto è tranne che conveniente.
I princìpi li riconosci proprio perché non hanno, mai, maissimo, allegata una convenienza.
Se non avessero un prezzo non sarebbero princìpi.
Tutto sta a stabilire sopra quale prezzo si è pronti a svenderli pur di trovare qualcuno che li compri promettendoci di considerarli comunque tali, la vita alla fine è tutta lì, quello diverrà il nostro prezzo.

I princìpi sono un peluche che non puoi comprare, puoi solo vincere o chiedere a qualcuno di vincerlo per donartelo per sempre.
I prìncipi sono un forno a microonde che quando serve prendi o ricompri.
Uomini da 50 euro per donne da 2 euro e 93.
I peluche sono rimasti qui e non è un caso.
Non hanno un prezzo.
Ed è per questo che questa è la loro casa e lì resteranno.
Io paura di guardarli non ne ho.
Io è ciò che ho fatto che posso guardare con orgoglio, non ciò che farò sempre domani.
Se sono orgoglioso di ciò che ho fatto, per esserlo di ciò che farò mi basterà non cancellare mai nulla del mio passato.
Sembra difficile ma in realtà è la cosa più semplice del mondo.

Meno zero.
E' l'alba Signore, la notte lasciamola a chi ha bisogno di romanzare il buio fuori per sentire meno pesante quello dentro.


E grazie tutti quelli che quando ero in trincea mi hanno scritto per prendermi a schiaffi, per invitarmi ovunque (Alfonso caro, sei sempre speciale e prometto che prima o poi me le meriterò le parole che da anni mi regali), per cazziarmi come fossi tuo fratello, per dirmi di essere orgogliosi di avermi come cugino e perché ora anche come scrittore, a te per svegliarmi la mattina alle sei e non farmi perdere gli aerei, per farmi sorridere, perché arrivata fin qui vorresti prendermi a pugni ma non lo farai, per dirmi che.
Che dio li fa e poi li accoppia e quanto c'hai ragione.

Passo e chiudo, Signore.