20 maggio 2002

tornàtto ssono





che dire?… la famosa settimana di tranquilla festa, alla fine si è trasformata in un incubo, a causa dell’incidente capitato al camion delle scenografie e degli arredi di tutto il convegno. Quando il camion che trasporta tutto quello che gli ospiti vedranno per tre giorni tra scene, stand, arredi vari e cartellonistica, viene guidato da un coglione di camionista che una volta sceso dal traghetto si dimentica di fissare il rimorchio in maniera seria alla motrice, le possibilità che in una curva tale rimorchio si sganci si moltiplicano. Quando poi, il suddetto autista si rivela ancora più coglione nel momento in cui decide di spingere il suo tir ad una velocità decisamente superiore a quella consentita, le possibilità che il tutto non regga diventano probabilità. Quando poi a guidare un tir con il rimorchio fissato male che viaggia ad una velocità troppo elevata è un coglione che non capisce che rischi corre (e fa correre) andando così veloce anche in curve e strade pericolose come quelle sarde, il tutto certamente si tradurrà in quelle notizie che ogni tanto si sentono in tv “Tir ribaltato in autostrada tot morti e tot feriti”.

Pazzesco. A volte la gente è davvero stupida.

Questo ha fatto si che la metà del carico finisse nelle campagne sarde e obbligasse gli scenografi a sborsare quantità incalcolabili di soldi pur di trovare falegnami a Cagliari disposti in due giorni a ricostruire ciò che per essere fatto con cura aveva richiesto due settimane.

Ovviamente trovati.

Alla voce “Tutto ha un prezzo” si trovano davvero tante categorie.

Vabbè.

La cosa non mi avrebbe minimamente riguardato se le persone per cui lavoro avessero capito che il responsabile di quel casino era solo e SOLTANTO l’autista del camion, e che per questo motivo non tutti avrebbero dovuto lavorare il triplo solo in virtù del fatto che “Forse non si fa il convegno” e solo per il fatto che così facevi vedere che anche tu avevi paura.

Io non avevo paura che il mio lavoro fosse a rischio.

Io non avevo paura che il mio lavoro non sarebbe stato consegnato.

Sinceramente per come vivo il lavoro non avevo neppure paura del fatto che il convegno era a rischio.

Poteva capitare.

La parola paura, sinceramente dopo gli ultimi anni la applico a cose ben diverse.

Ma questo sono io.

Sono certo che la tensione spesso ci impedisce di gestire in maniera giusta le situazioni e le persone.

E questi sono i miei colleghi.

Oggi per prendermi una bella pausa non mi sono nemmeno presentato in ufficio per il riassunto tipico, anche perché di andare in un posto dove tutta la giornata sarà dedicata a dimostrare che il valore delle persone si calcola in base ai problemi che sono stati risolti grazie a me o a me no a me no ti ho detto a me meno male che c’ero io no meno male che c’ero io tu invece hai fatto di meno tu anche tu potevi almeno non essere allegro tu per esempio potevi vivere la tragedia grande come la vivevamo noi… davvero non mi interessa.

Si facciano il loro bel torneo di attribuzione problemi risolti.

Io me ne sto a casa e mi faccio il bucato.

Vado dalla mia Barbie a farmi una birra, faccio un paio di telefonate, non ne ricevo un altro paio e aspetto sera quando verrà mio fratello a trovarmi.

Cercando di trovare la tranquillità necessaria per poi domani tornare in ufficio e rispondere alla domanda che mi verrà come sempre fatta “Allora?”, domanda alla quale in questo momento risponderei:

“Allora non ho più nessuna intenzione di lavorare per gente che nelle situazioni di panico ci sguazza poiché pensa che sono quelle in cui è più facile farsi notare, basta correre continuamente per sembrare i responsabili di ogni soluzione. Allora dimenticati che solo perché siamo cinque, dobbiamo essere tutti distrutti dalla preoccupazione data dal rischio che il convegno non si faccia, e non perché io sottovaluti i problemi, ma perché è un convegno, e come tale se per sfiga non dovesse essere fatto, nessuno mi arresterà ne mi farà passare per incompetente. Allora scordati che io mi farò ancora trattare di merda da chi pensa che dimostrando che il mio non essere nel panico significhi non essere coinvolto nel problema, cerca di elevare agli occhi di chi comanda la propria posizione. Allora dimenticati che in una situazione in cui tutti corrono nel panico io mi metta a correre nel panico solo per farti vedere che anch’io ho paura e che sto facendo di tutto. Se vuoi che ti dia una mano mi dici esattamente cosa vuoi che faccia, se no, io mi metto a bordo strada e guardo, perché in certe situazioni ogni gesto e ogni decisione è importante e io non mi metto ad intralciare un delirio del genere con la mia presenza solo per far vedere che ci sono anch’io. Se mi vedi vedrai che sono li sempre presente ad aspettare che tu mi dica cosa vuoi che faccia. Ma sarò quello fermo, tranquillo. Non quello che corre senza motivo per farsi bello. Allora dimenticati che io attribuisca alla parola “tragedia” lo stesso valore che date voi, perché quando mi hai chiamato la prima mattina in camera dicendomi “Corri qui che è successa la cosa peggiore che potesse capitare” io purtroppo per quello che mi porto dentro ho pensato che a casa alla tua famiglia fosse successo qualcosa, e che per questo motivo tu dovessi correre a Milano. Allora scordati che un meeting che forse non si fa io lo viva come “La cosa peggiore che possa capitare”, è ovvio che non sei mai andato a prendere tuo fratello in ospedale dopo un incidente in moto dopo una telefonata nella quale non ti possono dire al telefono se è vivo.

Ecco la differenza. La prima domanda che ti ho fatto io è stata “L’autista è vivo?” tu mi hai detto “Avrei preferito si fosse fatto male lui ma salvando le scene”. Terribile. Giuro.

…La cosa peggiore che potesse capitare…

…imbecilli…ridiamo alle parole il loro giusto valore.

Allora scordati che io rimanga di nuovo impassibile di fronte a chi si è inventato un problema creato da me e risolto da lui, perché io sul momento non faccio guerre, ma domani ti dimostro che quel problema non esisteva nemmeno e che di conseguenza non ha avuto bisogno di essere risolto, ma te lo spiegherò domani, quando sarai finalmente tranquillo e potrai vedere la realtà. Allora scordati che io volontariamente mi faccia usare come quello che prendendo tutto con tranquillità non ha la necessaria tensione per essere messo tra quelli che sono stati utili. Allora ti dirò che il mio lavoro è arrivato alla fine come sempre nel migliore dei modi, e l’unico problema che mi si è presentato e che ha messo a rischio la MIA parte di lavoro, io con tranquillità l’ho analizzato, l’ho valutato, e ti ho trovato l’unica soluzione possibile, e questo ha fatto in modo che il MIO lavoro sia stato consegnato lo stesso. Solo che io l’ho fatto ridendo in allegria perché c’era il sole fuori ed eravamo al mare.

Allora scordati che questo significhi una minore professionalità.

Allora adesso faccio il prossimo meeting perché te l’ho promesso e non ho mai lasciato a piedi nessuno e tu mi hai detto che quel meeting per te è importante, ma ti dirò anche che dopo quello ti dovrai dimenticare di me per un po’, almeno finchè non avrai ridato al tuo ufficio quell’aria di serenità sulla quale dicevi di averlo fondato.

Se negli anni hai cambiato strada, se i soldi cambiano le persone o se semplicemente non sei più quello di una volta, non sarò io ad adeguarmi, ma sarò quello che ti dice un gigantesco “In bocca al lupo per tutto, io vado a sorridere da un’altra parte”.

Per me è lavoro.

Se non ci sorrido non lo faccio più.

Ed essendo pronto a salutare quello che mi da il 70% del mio fatturato, ti fa capire quanto io sia lontano dal concetto “soldi”

Te l’ho detto che se mi sorridi ti do tutto quello che ho, ma se mi togli quello non mi vedi più.

Alla voce “Tutto ha un prezzo” ci saranno anche tutti i falegnami della Sardegna, ma guarda bene se per caso ci trovi il mio nome…

Hai visto?…

Non c’è.

Te l’ho detto un po’ di tempo fa.

Non mi hai creduto.

Credo che domani mi chiederete scusa.

Anche solo per il fatto che sono stato zitto quando di fronte ai clienti qualcuno ha detto “Come sempre non sa fare…”

Domani ho un paio di cose da dirti.

Per esempio che non era vero.

Io quella cosa l’avevo fatta.

Ma non era quello il momento, io so quando devo dire le cose.

E li sul posto sto zitto solo perché c’è troppo casino e troppa gente frenetica che corre.

Mentre invece quando ti devo dimostrare che si è cercato di usarmi per farsi belli io voglio che tu sia seduto, tranquillo a lavoro consegnato, con la convinzione che io non ne abbia merito.

Te la tolgo domani.

Buona giornata oggi.

A voi e alle vostre seghe mentali sul valore delle persone.

Io mi porto dietro le due o tre piccole cose che ho fatto.

E non mi interessa se tu ti sei divertito o meno quando sono salito sul palco del TUO spettacolo.

L’avevo detto che io ero quello della discoteca o delle hostess.

Io ero quello che la serata conclusiva è salito sul palco senza avvisare durante la canzone saltando improvvisamente di fianco al pianista e alla cantante, ai quali secondo me mancavo le coriste.

Io, e gli altri due colleghi che non hanno fatto un cazzo.

Come un cazzo?

Abbiamo cantato “Oh Happy Day” con il pianista di Sting e la sua cantante gospel! Mica capitano sempre queste occasioni!

Era un palco…non sono riuscito a non salirci… la cameraman è corsa a prendere la telecamera per riprendere quello che il giorno dopo veniva ricordato da chi ci ha lavorato come l’unico momento allegro del meeting.

Vedi un po’ te chi vive meglio…

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